RASSEGNA STAMPA

LA REPUBBLICA - Sentenza choc

Genova, 14 novembre 2008

I giudici, i poliziotti, la rabbia "Siete per sempre coinvolti"
Nell´aula bunker il dolore e lo stupore della gente
Sentenza choc
Al collo un cartello con il testo di una canzone di De André

WANDA VALLI

Sentono quella parola "assolti" per i vertici della polizia, sentono le cifre: 2500 euro, 3000 euro, per i loro ragazzi pestati a sangue nella notte della Diaz, e scattano: "Vergogna", urlano dal pubblico, fatto di madri, padri, sorelle di quei giovani. Sono le nove e mezzo di sera, il processo sui fatti della scuola Diaz, su quello che accadde là dentro nella notte tra il 21 e il 22 luglio del 2001, è appena finito. Assolti i vertici della polizia ora saliti a incarichi ancora più importanti, assolti Francesco Gratteri, che guida l´Antiterrorismo, Giovanni Luperi ora al servizio analisi dell´ex Sisde, Gilberto Caldarozzi capo dello Sco, il servizio centrale operativo, assolto Spartaco Mortola che dalla Digos di Genova è passato a Torino come vice questore. Assolti per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, legge il presidente della prima sezione del Tribunale, Gabrio Barone. Condannati a 35 anni e 7 mesi totali contro i 109 chiesti dall´accusa, gli altri, agenti e graduati, anche capi, come Canterini, come Michelangelo Fournier che avrebbero realizzato da soli la storia delle molotov introdotte nella scuola, per usarle come prova contro chi là dentro dormiva, che avrebbero picchiato e malmenato - lo hanno dichiarato loro stessi, a cominciare da Fournier che parlò di "macelleria messicana" - per senza aver ricevuto ordini dall´alto. E qualcuno non ci sta. Enrica Bartesani, madre di Sara, che allora aveva 21 anni e adesso vive a Parigi lavora in teatro, cerca di dimenticare quello che le tormenta l´anima, mette al collo un cartello con una frase tratta dalla "Canzone del maggio" di Fabrizio De Andrè "Anche se voi vi credete assolti, siete per sempre coinvolti". Enrica e gli altri che la imitano, ripete quei versi: «è l´unica verità, non riusciranno a uscirne indenni». E´ la stessa canzone che un ragazzo con la chitarra suonava la mattina dopo, una domenica mattina di sette anni fa, di fronte alla Diaz, alla palestra con le tracce di sangue per terra, con i calcinacci, con i detriti. Vittorio Agnoletto, europarlamentare di Rifondazione che ha seguito tutto, adesso urla nell´aula "Hanno ucciso la Costituzione, questa è la patria dell´impunità", e Mark Covell che rischiò di morire per il torace sfondato, spiega in inglese: «Mi dispiace per l´Italia, adesso vivete in una dittatura». Lorenzo Guadagnucci, giornalista, anche lui ferito alla Diaz, sembra smarrito. Dice: «E´ un fallimento per loro, io esco a testa alta da questo Tribunale, gli imputati, se ci fossero stati, se avessero avuto almeno questa dignità, non potrebbero uscire così. Mi hanno detto di aspettare, l´ho fatto per sette anni, si poteva ancora sperare di salvare qualcosa, ma non così».
Così non resta che la rabbia, le lacrime di ragazze con le treccine rasta, lo stupore di Lena, giovane no global tedesca che ha avuto un polmone perforato e adesso si fa tradurre quello che la giustizia italiana ha deciso. E poi c´è lei, quella donna disperata che si sporge sopra le transenne, che urla tutta la sua rabbia. «Avete archiviato tutto per Carlo Giuliani, e adesso i nostri ragazzi picchiati, in un lago di sangue li avete valutati 2500 euro, vergognatevi, avete sputato addosso a sette anni di sofferenza». Haidi Giuliani è poco distante, quasi rassegnata, lei da tempo ha fermato la speranza, lei non si stupisce. Eppure nelle lunghe ore di attesa, l´idea che sarebbe andata a finire così si era fatta strada.
Vittorio Agnoletto lo temeva: «se dovessero assolverli si darebbe il via libera a azioni impensabili». Daniel il giovane tedesco fotografato con il volto pieno di sangue, raccontava che lui non aveva potuto vedere l´agente che lo picchiava «perché aveva il viso coperto». Arnaldo Cestaro ha messo al collo il suo fazzoletto rosso da partigiano, Gwyn Readgers, è venuto per aiutare Mark, da Londra dove è il presidente dello Speakers culb, il club degli oratori, perché «amo i diritti umani e sono qui per questo», alla fine sarà anche lui tra quelli che urlano "vergogna", in italiano. E fuori, dopo lo choc di una sentenza inattesa, molti si fermano. Sono scomparse le sagome alte due metri che raffiguravano agenti con il manganello, create dai giovani del Genoa Legal Forum, sono arrivati loro, a vedere «se la giustizia è uguale per tutti». E´ lo stessa frase che, durante l´attesa, ripetono tutti. E´ la speranza. Delusa.

(hanno collaborato Erica Manna, Laura Nicastro e Raffaele R. Riverso)